TRE TEMPI DI CINEMA ASTRATTO

Anno: 1951
Regia: Elio Piccon
Colonna sonora: musiche di Roman Vlad
Colore: Massimiliano Capriccioli
Operatore: Ruggero Flaido
Produzione: Piccon Film
Note tecniche: 35mm, colore, 11 minuti
"Tre tempi di cinema astratto" è il titolo del cortometraggio con il quale Elio Piccon, in collaborazione con Mario Verdone, ha inteso porre un documento che è valso a stabilire una data di nascita ufficiale del Cinema astratto in Italia; anche considerato solo come "esperimento", la fatica di Piccon ha avuto questo merito di indiscutibile e indubbio valore: di avere spalancato una porta su un vastissimo orizzonte per il Cinema italiano.
Poema visuale fondato sulla fusione analogica di ritmi plastici musicali e di colore su un unico piano: lo schermo.
Una pietra miliare del cinema d'avanguardia, opera di un giovanissimo Piccon.

[dal catalogo del "Festival del Cinema Documentario", settima edizione, Specchia (LE), luglio 2010]


La critica (Eco Riviera 18 febbraio 1951 “Artisti nostri”)

Il regista di Bordighera ed il suo documentario “astratto”
“Il neoralismo italiano che nelle sue opere migliori ha reso celebre il cinema del nostro paese, dimostra come gli artisti di cinema si siano ormai persuasi che i problemi estetici sono strettamente collegati ai problemi del mondo in cui viviamo. Ora che la tendenza neo-realista sembra essere l'unica adatta ad analizzare e riconoscere l'esistenza degli uomini, sembrerebbe di voler negare prestando un film astratto tutto ciò che di vitale vi è nella realtà della vita. Ma “astratto” non significa affatto aver smarrito il senso umano, non significa ignoranza della storia”.
Con questa “dichiarazione di fede” da parte di Elio Piccon è iniziata la nostra breve intervista con il giovane regista di Bordighera che così brillanti affermazioni ha già colto nel campo del documentario.
L'ultimo cortometraggio si intitola “Tre tempi di cinema astratto” e si riallaccia alle influenze generate dalle opere dei post-impressionisti, dei cubisti, dei futuristi, dei surrealisti e degli astrattisti: “opere –ha precisato il Piccon il quale, lasciata brevemente Cinecittà, è tornato in questi giorni– che non furono generate dal fervore dei cenacoli o dalle teorie, ma dalla profonda divisione che la civiltà moderna, verso i primi anni del '900, aveva scavato tra l'uomo sociale e le sue conquiste”.
L'ideale dell'eccellente cineasta bordigotto è di liberarsi ad ogni costo dalla schiavitù delle cose da qualsiasi struttura anatomica o paesaggistica”, il che non vuol dire affatto misconoscere i problemi a cui è collegata la vita dell'uomo, non vuol dire estasi di teorie, ma –secondo un'esatta definizione da lui stesso fornitaci– “rappresentazione di una realtà costruita sulla gamma dei valori puri, privi di logicità ma non di significato umano”. Da queste concezioni del suo autore è nato “Tre tempi di cinema astratto” che non è –si badi– un documentario sull'astrattismo ma un vero e proprio cortometraggio astratto. Elio Piccon, che si è avvalso della collaborazione di Mario Verdone, di Roman Vlad (per la parte musicale), di Massimiliano Capriccioli (per la parte coloristica) e di Ruggero Flaido (operatore) ci ha cortesemente concesso di visionare in prima assoluta questo ultimo saggio della sua intelligenza e bravura. Volendolo considerare solo, come valore limite, “esperimento”, “Tre tempi di cinema astratto” potrebbe degnamente dare l'avvio ad un cinema d'avanguardia italiano.


La critica (Corriere Mercantile Genova 24 febbraio 1951)

Parlare di un cinema italiano di avanguardia sembrerebbe, a prima vista, piuttosto problematico poiché tale forma di attività cinematografica è quasi assolutamente sconosciuta alla generalità del pubblico, né esistono molti documenti su tale genere. Ma invece fin dal primo affermarsi del futurismo in Italia, si ebbe qualche esperimento di film d'avanguardia; esperimenti oggi, però, pressoché sconosciuti anche ai più appassionati cultori del cinema. Interessante quindi appare l'iniziativa di Elio Piccon che ha realizzato un breve film, dal titolo: Tre Tempi di cinema astratto, che si riallaccia alle influenze generate dalle opere rivoluzionarie delle nuove ed ultime tendenze artistiche.
E' indubitato che tutta l'arte moderna –la quale, alle volte, ci si presenta sotto forme che da un osservatore superficiale potrebbero definirsi assurde– sia profondamente dominata da uno spirito di ricerca che si ricollega direttamente alle teorie scientifiche e filosofiche (le seconde conseguenti le prime) fiorite in questi ultimi anni. La scoperta del meraviglioso mondo del microcosmo, la nuovissima concezione della fluidità della materia, immobile solo in apparenza ma in realtà continuo “divenire” eracliteo, le rivelazioni –sia pure oscure alla maggior parte– fatte da Einstein della sua teoria sulla “relatività” influiscono non solo sulle correnti di pensiero filosofico ma anche sulle manifestazioni d'arte e sopratutto su quelle dell'arte pittorica. Escono e si affermano le prime esperienze in questo periodo del “cubismo”, del “futurismo”, del “surrealismo”, la cui intima esigenza è di esprimere, superando la forma, quello che è o che l'artista crede di essere. La realtà della natura che lo attornia. Liberarsi ad ogni costo dalla suggestione degli oggetti, slegarsi completamente dalla schiavitù paesaggistica e anatomica diviene la nuova formula cui si ispira l'artista nella credenza di aderire maggiormente alla realtà costruita sulla gamma dei valori puri, privi di logicità ma non privi di significato umano. “Fissare non ciò che appare ma ciò che si sente dietro l'apparizione; in definitiva –scrive Prampolini– la parola chiave di questo nostro mondo di aderenti e mediativi creatori d'immagini è: “divenire”. Divenire dall'astratto concreto dello spirito e della materia, nel duplice aspetto estetico e filosofico che ha per finalità il miraggio di una suprema armonia”.
Gli iniziatori di tali movimenti artistici videro subito nel cinema, cioè nel mezzo espressivo dinamico per eccellenza, la possibilità di rendere quanto non permetteva la forzata staticità della pittura. Questi pochi brevissimi e sporadici documenti di celluloide, però, sono oggi quasi del tutto irreperibili. E' perciò che il cortometraggio astratto del Piccon giunge come nuovo tentativo di cinema d'avanguardia; fatto questo che da un punto di vista culturale, non è privo d'interesse. Ma, a parte coloro che frequentano un cineclub, e non sono i più, a quanti sarà dato di poterlo giudicare e quindi di inserirsi direttamente nella polemica pro o contro il cinema astratto?